Indonesia

Dopo la scossa la partenza.

La partenza è prevista per il 10 agosto ma le tre scosse di terremoto dei giorni precedenti sull’isola di Lombok ci portano a cambiare qualche idea di viaggio, come il soggiorno alle Gili Island, ad esempio, e fanno desistere non poco gli altri due viaggiatori a partire. Fino a due ore prima del volo io e Beppe non sapevamo se partire da soli o in compagnia, convinti comunque che noi due l’avremmo fatto questo viaggio desiderato da mesi.

In 4 ci imbarchiamo su un comodo aereo Turkish Airlines che fa scalo ad Istanbul poche ore. Partenza alle 21.15 dall’Italia e arrivo a Giakarta alle 19.00 dell’11 agosto (6 ore in avanti rispetto all’Italia). Il volo è tranquillo e comodo, a base di cibo di pollo e riso che ci delizieranno per tutta la vacanza.

Decidiamo di proseguire per Yogyakarta con un volo interno di AirAsia, compagnia low cost asiatica già utilizzata nei precedenti viaggi in Asia, con cui c’eravamo trovati bene. Qualche agitazione per l’attesa dei bagagli, una corsetta per prendere la coincidenza e alle 21.00 siamo sull’altro volo. Appena atterrati cerchiamo di recuperare un taxi. Al di fuori dell’aeroporto di Yogya ci sono numerosi taxisti anche non abusivi che cercano di venderti una corsa indipendentemente dall’agenzia e rincarando il prezzo del doppio. In realtà, subito a destra degli arrivi esiste un box Office che si occupa di gestire il taxi e il pagamento. Noi abbiamo pagato 750000 Rp contro le 1200000 che ci avevano richiesto i drivers.
Finalmente in albergo. L’unico ad aver prenotato dall’Italia. Si chiama hotel Neo Malioboro e lo consiglio vivamente. È un po’ più alto nei prezzi rispetto allo standard (2918,00 Rp per due notti per 4 persone) ma dopo un lungo viaggio avevamo bisogno di un posto confortevole dove dormire. Letto comodo, stanza pulita, staff cordiale e posizione centralissima, vicino alla via principale dei negozi, Malioboro per l’appunto. Cena veloce a base di pollo e analcolici in un pub simpatico vicino all’hotel (gli alcolici non vengono venduti ovunque per via della religione) e fiondati nei nostri lettoni.

Prambanan e il primo intoppo di programma.

La prima visita della città è dedicata al sito archeologico di Prambanan, più vicino rispetto a Borobudur che richiede, tra l’altro, uno sforzo maggiore con sveglia all’alba.

Da via Malioboro prendiamo un bus locale e in 30 minuti circa arriviamo a destinazione. Il sito è carino, ma meno suggestivo rispetto ad Angor Wat in Cambogia, che avevamo visto due anni prima. Passeggiamo piacevolmente nelle strade del sito e decidiamo anche di arrivare a Kraton Ratu Boko, sito più distante che si raggiunge col bus incluso nel biglietto. Il sito è deludente soprattutto rispetto al prezzo che è decisamente esagerato…circa 35€ per entrambi i siti!

Rientriamo verso le 16 a Yogyakarta e abbandoniamo l’idea di vedere il tramonto a Borobudur per i tempi troppo stretti. In un attimo di pausa mi metto a cercare i fantomatici voli che partirebbero da Surabaya per karamanujawa, un’isoletta a Nord di Giava, consigliata caldamente da un amico barese dove volevamo rilassarci qualche giorno. I voli di linea non esistono e quello charter nominato dalla Lonely Planet della compagnia Susi Air partirebbe solo in alcuni giorni della settimana. L’unico reale modo per raggiungere l’isola è attraverso Jepara o Semarang. La loro distanza da Yogya è tale da rinunciarci perché perderemmo il tour organizzato a Toraja.

Inizia la confusione e la ricerca di voli, coincidenze, hotel per diverse combinazioni di programma: Sulawesi prima? Monte bromo prima?

Per rinfrescarci le idee cerchiamo un locale dove si possa bere una birra ghiacciata e ci imbattiamo in Oxenfree, un bel localino occidentalizzato dove servono l’happy hour a partire dalle 18 con bella musica di sottofondo. Scopriamo poi che viene citata anche dalla Lonely.

Dopo due birre il piano era chiaro: avremmo fatto prima il Bromo poi Sulawesi senza rinunciare al tour e poi avremmo cercato una bella spiaggia sempre a Sulawesi dove riposarci qualche giorno.

Soddisfatti ma anche un po’ delusi per aver rinunciato all’isola paradisiaca di karimanujawa, dopo una doccia energetica e il rossetto serale andiamo a cena a Kesuma che avevamo fatto prenotare il pomeriggio dall’hotel. Avevo letto di Kesuma su un diario di viaggio di un’italiana e mi sento di consigliarlo fortemente. Nascosto in una viuzza offre un servizio delizioso a base di piatti tipici indonesiani, cucinati da donne locali carinissime e serviti in una location molto familiare. Sembrava di essere a casa di uno di loro! Bellissimo!

Borobudur e l’alba che non c’è.. così come il tramonto..

Con grande sforzo e curiosità ci svegliamo alle 3.30 per partire alle 4.00 dall’hotel e partire per Borobudur. Per l’occasione abbiamo contattato tramite l’hotel un driver, che ci ha accompagnati al sito e riportati a fine alba (1 ora a tratta circa).

Molte guide e viaggiatori consigliano la visita del sito all’alba e al tramonto e io sono tra questi. Suggestivo è l’arrivo al sito al buio con le torce e l’attesa della luce (il sole non si è fatto vedere perché nascosto dalla foschia) e il numero di persone è già di per se alto.. immaginare di vedere Borobudur ad orari caldi e afosi con migliaia di turisti che sbucano ovunque per guadagnarsi una foto potrebbe essere ridicolo e deludente. Meglio uno sforzo in più (anche  economico perché l’ingresso all’alba e al tramonto prevede un supplemento) per godersi il momento.
Rientriamo a Yogyakarta per qualche ora, giusto il tempo per fare un pò di shopping e fare una lunga colazione in hotel e ripartire alle due verso l’aeroporto dove dovremmo prendere il volo per Surabaya.. dovremmo appunto..
Al check in ci comunicano del ritardo che forse sarà di tre ore. Ci propongono un altro volo con scalo o il rimborso del biglietto. Ci prendiamo qualche minuto per pensare ma dai nostri occhi avevamo già capito che poteva essere l’occasione giusta per ritornare sul nostro programma. Appena Beppe propone il rimborso e di andare sull’isola di karimanujawa, posticipando tutto il resto e perdendo le prenotazioni alberghiere (circa 50€), ci siamo sentiti di nuovo energici e propositivi.

In pochi minuti avevamo il programma con le combinazioni dei traghetti e degli aerei ma ci serviva un passaggio per Jepara. Contattiamo Sinung che, un po’ stravolto, ci mette in contatto con un altro driver, che per un pugno di rupie indonesiane ci avrebbe accompagnato a Jepara quella sera stessa.

Lo aspettiamo in aeroporto al caldo, nel caos rumoroso, un po’ sporchi e decisamente stanchi ma eccitati per la nostra follia.

Jepara dista da Yogyakarta 4 ore circa e le strade sono quelle asiatiche: unica corsia, mille camion, molto traffico.. meglio addormentarsi e non controllare!

Scoprire l’isola

Anche oggi sveglia presto. Alle 6.30 siamo già al ticket boat Office per prenotare i biglietti di sola andata a Karimanujawa. Dall’hotel ci dicono che l’ufficio è aperto dalle 5 ma in realtà aspettiamo  due ore di caldo e fame prima che aprano.

Per un euro di differenza compriamo i biglietti VIP (176000 per 4 persone a cui bisogna aggiungere la tassa governativa di 25000 a persona).

La tratta ci ha ricordato molto quella nel 2010 per l’isola di kopangan in Thailandia per disturbi vari, mare mosso, vomito e nausea continui ma dopo 1 ora di attesa e due di tratta arriviamo a destinazione. Ci armiamo di forza e cerchiamo un alloggio.

Subito arrivati in un ufficio informazioni cerchiamo su Booking e troviamo le ultime due stanze disponibili per Casa Velion, un alberghetto gestito da un rumeno molto gentile e da un’indonesiana, composto da Bungalows puliti, accoglienti, con una buona colazione a base di pancake, pane tostato e frutta fresca…ci resteremo qui tre notti e noleggeremo da loro anche gli scooter.

Le strade dell’isola non sono perfette ma, a parte i dossi improvvisi e la guida a sinistra, noleggiare uno scooter sull’isola credo sia la scelta più semplice e utile. Per l’escursione in barca e il volo di ritorno a Semarang, ci siamo rivolti ad un’agenzia locale, grazie alla quale abbiamo trovato posti su un velivolo 50 posti che vola su Jepara o Semarang o Surabaya in giorni precisi della settimana.

Ai confini del Paradiso: Karimanujawa

I 4 giorni sull’isola sono stati un toccasana per il corpo e la mente. Mare stupendo, isola facile da girare, cibo ottimo. Le spiaggia più belle sono quelle a Nord dell’isola, la Tanjung Gelam e la Batu Topeng Beach ma anche la Annora Beach è stata bella. Tutte hanno lingue di sabbia bianca e chioschetti gestiti da indigeni dove potete mangiare pesce fritto o grigliato al momento, un vero sogno.

Restano nel cuore però le tre isole che abbiamo raggiunto tramite l’escursione organizzata: abbiamo prenotato una barchetta per noi 4 e abbiamo trascorso un’intera giornata tra acqua cristallina, sabbia farinosa bianchissima e sole, toccando con mano la sensazione di relax e di pace che solo questi posti possono regalarti. Da non perdere assolutamente!

Mi sento di consigliarvi qualche ristorante dove cenare: Cafe Amore tra i più inflazionati ma carino come location e buono come pasti, pessimo invece (ma divertente) per il servizio.
Il mercato ittico notturno è un’esperienza da fare per mangiare tanto pesce seduti a terra su un prato da calcio. Io però non ho sopportato la sporcizia lasciata dai turisti e dagli autoctoni e il fumo dell’arrosto che ci ha invaso per tutta la cena.

Breve Lagoon Resort, un hotel che offre servizio ristorazione e una location gestita da due francesi, imbattibile nello scenario. Anche qui cibo buono con un servizio lento ed impreciso ma sembra sia una costante per gli indonesiani per cui aspettiamo sereni.
I giorni sull’isola sono stati energetici ed unici e, dopo un pranzo veloce nel nostro hotel, ci dirigiamo verso l’aeroporto dell’isola per prendere il volo charter che ci porterà a Semarang.

Una fatica imperdibile

Dopo un volo charter di soli 45 minuti cerchiamo un driver per raggiungere Cemoro Lawang. In sole 5 ore, guidando come un’ambulanza con codice rosso all’interno, ci porta al villaggio sotto al Bromo dove dobbiamo accontentarci di dormire in 4 in una guesthouse super spartana (per non scrivere orrenda), al freddo e non molto confortevole.

Alle 3.15 sveglia e partenza. Ci sono molti modi per raggiungere la vetta. Tra questi, tour organizzati con jeep o locali che ti accompagnano in moto o a piedi. Ovviamente decidiamo per l’ultima soluzione, ma siamo impreparati. Seguiamo le lucine provenienti dalle torce degli altri e percorriamo per quasi due ore la lunga salita verso il punto panoramico. Durante il tragitto, per il freddo, la fatica, le salite ho pensato realmente che sarebbe stata l’ultima avventura straziante. Lo dico sempre, per ogni Stato, per ogni viaggio.. c’è sempre un momento nei nostri viaggi in cui mi chiedo perché non sono in un resort ad aspettare che mi chiamino per il massaggio..

Ci siamo: è quasi alba e ci sistemiamo su di un cornicione inventato. Per raggiungerlo siamo saliti su scale di legno e superato una scritta che diceva: “ Pericoloso! Non superate!”

Arriva la luce e il vulcano si illumina via via di colori straordinari, diventando sempre più spettacolare. Nonostante il freddo, la stanchezza, restiamo lì a guardarlo quasi un’ora. Le foto scattate non sono mai troppe.

Quando decidiamo di andar via, alla ricerca di un bar dove fare colazione (sceglieremo Lava bar hotel che consiglio vivamente) siamo felici di questa nuova ed imperdibile esperienza e, ancora una volta, capiamo il senso di quella fatica.

I ritardi che ristorano

Il nostro driver è in hotel ad aspettarci. Prima di lasciare Cemoro tentiamo di salire sul cratere del vulcano Bromo ma ci rinunciamo perché vogliono farci pagare un’altra tassa (irrisoria ma inspiegabile), oltre a quella già pagata il giorno precedente.

Rigenerati da una doccia al volo, riprendiamo il viaggio verso Surabaya dove avremmo il volo per Makassar alle 17.30..

Arriviamo in aeroporto in largo anticipo ma giusto in tempo  per comprendere che c’era un ritardo di infinite ore sul nostro volo. La compagnia Citilink ci permette di salire su un altro aereo di un’altra compagnia per non farci perdere il bus da Makassar ma inutilmente perché anche il nuovo volo ci fa attendere ben cinque ore. Pare sia una costante dei voli asiatici e, in particolare, indonesiani, il ritardo continuo dei voli, compensato però dalla non scontata disponibilità e gentilezza del personale di terra.

Una low cost da noi non ci avrebbe mai spostato su un altro volo di un’altra compagnia a costo zero!

Arriviamo a Surabaya alle 23 locali e perdiamo il bus per Rantepao che sarebbe partito un’ora prima. Avvisiamo Ibra, la nostra guida che ci attende a Rantepao e prenotiamo su Booking al Meria Hotel, un 4 stelle comodo e lussuoso (ma straordinariamente non costoso). Doccia calda, letto morbido e profumato, ogni comfort.. tutto quello che ci serve per riprenderci dalla scalata della notte precedente.

Dopo un’abbondante colazione sulla terrazza dell’hotel, dopo aver acquistato il biglietto del bus per la sera e spostato per la terza volta la prenotazione della notte nell’hotel a Rantepao, siamo pronti per girare la città.

In metà mattinata vediamo tutto ciò che di interessante viene citato dalla Lonely Planet: dal Fort Rotterdam al porto anche se l’unico ricordo davvero interessante di Makassar resta il pranzo. Siamo stati al MD consigliato dalla Lonely e suggerito fortemente anche da noi. Lì abbiamo mangiato un granchio in agrodolce, pesce grigliato, gamberoni grigliati e mango a volontà. Tutto ottimo e tantino più costoso rispetto alla media. Forse ad ora è il posto più caro del nostro viaggio.. stiamo comunque parlando di 13€ a testa!

Alle 21.30, dopo quasi due ore di attesa, parte il bus che ci porterà a Rantepao. Abbiamo scelto la compagnia Primadona, da poco sul mercato ma consigliata dai locali e anche da Ibra. Paghiamo qualcosa in più per avere il Wi-Fi che non funzionerà..

La morte a Toraja

Tra catacombe e funerali ad attenderci c’è Ibra, un locale che avevo contattato dall’Italia e che ci aveva dato qualche info sui pullman, un uomo gentile e affidabile che parla inglese fluentemente e che cerca di accontentare tutte le richieste del turista. Ci accompagna in hotel alle 6.00 del mattino per venire a riprenderci alle 10.00. Scegliamo L’Hotel Indra Toraja, un accogliente hotel nel centro di Rantepao, con staff gentilissimo (considerate che abbiamo spostato la data di arrivo tre volte e non ci hanno mai applicato i costi di cancellazione).

La giornata prevede un tour tra le catacombe della regione, in particolare della regione del Sud: le grotte venerative, i villaggi con le tombe degli adulti e dei piccini.. sarà per la stanchezza accumulata e non recuperata o perché non c’era molto da vedere ma il giro del mattino non mi ha molto entusiasmato, anzi. Tutto migliora dalle 12, quando arriviamo in un villaggio, ospiti del capo famiglia, per partecipare al funerale della madre.

A Toraja vengono celebrati due funerali: uno al momento della morte e uno dopo un lungo periodo (in questo caso 1 anno e mezzo), giusto il tempo per comprare tanti bufali quanti se ne vogliono sacrificare durante la cerimonia. A Toraja infatti si crede che anche l’anima degli animali deve accompagnare il defunto nell’aldilà per portar loro fortuna. Ogni famiglia, in base alle sue possibilità e quindi in base al rango di appartenenza, sacrifica bufali alla fine di una lunga cerimonia con presentatore annesso, a cui assistono tutti i familiari e le personalità importanti del villaggio, ovviamente in prima fila.

Noi siamo stati lì con loro: abbiamo portato sigarette e cibo per onorare il figlio, abbiamo mangiato con loro su fogli di carta riso rosso, carne di maiale e verdure varie, bevuto il loro caffè e aspettato.

Ad ora non so se sia giusto o meno, se è stato atroce o poco, se lo consiglierei o no ma tutto sommato sono contenta di aver preso un volo, viaggiato di notte e aver visto l’evento. Resta il dubbio che sia meno sentito di quanto facciano credere e che sia un fenomeno da baraccone per attirare turisti in una regione difficilmente ambita, questo sì, mi dispiacerebbe!

La vita a Toraja: tra trekking e mercati

Il secondo giorno è indubbiamente più allegro. Con il pulmino ed Ibra ci spostiamo a Nord del Paese e trascorriamo la mattinata a passeggiare tra i villaggi, le risaie e una vegetazione infinita. Scopriamo gente isolata che vive nella sua autenticità, circondata da spezie e fiori inesistenti in Italia.

Dopo un pranzo rigorosamente indonesiano passiamo il pomeriggio al mercato per riempirci di riso nero, rosso e caffè. L’Indonesia infatti, oltre ad essere famosa per il cioccolato (provato solo l’ultimo giorno a Bali) è famosa per il caffè di cui si conoscono due tipi: arabica e robusta (il primo più pregiato).

Rifocillati in albergo, preparati per la partenza, salutato Ibra e Rantepao, riprendiamo il nostro sleeping bus diretto a Makassar. Questa volta per qualche euro in più siamo nei posti business e ci serve per dormire tutta la notte.

Bali: la grande meraviglia

Arriviamo a Denpasar in tarda mattinata, stanchi, affamati, accaldati. Il tragitto da Denpasar a Ubud dove abbiamo prenotato il resort è lunghissimo: 2 ore di traffico per soli 40 km. In compenso, i colori, i negozi, i mobili e gli oggetti in legno presenti ad ogni angolo sono stati un bellissimo inizio.

Al Bebek Tepi Sawah Villas & SPA in Ubud ci attende un succo fresco di benvenuto, un club sandwich e due piscine, angoli di risaie, immerse in una location zen.

Un paio d’ore di recupero per doccia e un’ora di sonno e usciamo alla scoperta dell’isola, ignari di dover affrontare traffico e distanze incredibili.

Grazie al noleggio di scooter (usati come motocross dai nostri compagni) siamo riusciti a macinare km e visitare molte cose anche se Bali è talmente ricca che ci vorrebbe un’altra  vacanza per visitarla per bene.

In quest’isola puoi vivere la vacanza che vuoi: praticare surf, dedicarti allo yoga, distrarti con lo shopping, passeggiare tra le risaie, farti sorprendere dai templi. È pazzesca per la vastità delle cose che offre, per la moltitudine delle cose da fare e vedere. Solo con questo spirito si è in grado di dimenticare il traffico, la moltitudine di turisti, l’inquinamento della cultura occidentale.

Raggiungiamo il centro di Ubud a piedi (20 minuti più o meno) e restiamo affascinati dalle caotiche viuzze, dalla quantità infinita di negozi e di locali. Uno scenario ben lontano dai villaggi di Ibra e della sua gente!

Tentiamo di cenare al Hujon Locale ma dobbiamo ripiegare sul locale di fronte ( cosa che faremo anche qualche giorno dopo), pare che i locali scelti dalla Lonely Planet abbiano bisogno di prenotazioni molto più lunghe.

Scendere al Sud solo per i mobili

Su consiglio di un locale scegliamo di rotolare verso il Sud dell’isola per visitare gli show-room di mobili concentrati soprattutto lì. La zona di preciso è Seminyak e abbiamo la pessima idea di raggiungerla in taxi (2 ore di viaggio).

Trascorriamo l’intera mattinata e metà pomeriggio tra buffet, divani da giardino, tavoli, lampade.. una vera soddisfazione per i nostri occhi! Stabiliti i prezzi e comprese i meccanismi per spedirli in Italia, ci dirigiamo a Kuta per cenare e passare la serata.

Come molti dicevano, Kuta è una brodaglia di Occidente in una location che ha perso tutto dell’oriente: surf, locali con musica ad alto volume, neon, centri commerciali. Tutto ciò che non vorrei vedere in uno dei miei viaggi ma eravamo in zona e tornare ad Ubud per l’ora di cena non aveva molto senso. L’unica consolazione la cena, fatta in un locale australiano molto accogliente.

Gita fuori porta: il Nord di Ubud

Noleggiati i nostri motorini nei pressi del Cocomarket, ci dirigiamo nel centro di Ubud per acquistare i biglietti per lo spettacolo di danza tipica balinese che si terrà la sera nel palazzo reale. La giornata prevede un giro attorno al paese per vedere le attrattive di templi e monumenti più importanti ma non avevamo calcolato le distanze infinite. Anche se con lo scooter riusciremo a visitare solo Pura Besakih e il Pura Kehen quel giorno.

Si tratta di due templi fantastici, maestosi, che si ergono su promontori da cui si può ammirare uno splendido panorama. L’uso del saigon è d’obbligo e rappresenta per i locali anche una scusa per far soldi. Cercano di venderti il telo anche se è incluso nel biglietto; ti chiedono soldi per il parcheggio, per oltrepassare un tratto di strada. La loro insistenza un po’ sporca la reale bellezza e autenticità di questi posti.

Come d’accordo, alle 18.30 prendiamo posto in primissima fila al palazzo reale e dopo un’ora inizia lo spettacolo di Legong e Barong, danze tipiche. Lo spettacolo è molto carino e, poiché dura solo un’ora un mezzo, anche i meno appassionati dovrebbero parteciparvi.

La sera ci arrangiamo a cenare al Ibu Rai, un grande ristorante dove troviamo posto e ci servono in pochissimi minuti ( tutto già pronto?).

The wonderful place: le risaie

Ci svegliamo presto perché oggi vorremmo spingerci fino al Nord e vedere la porta del paradiso. Dalla mappa sembra lineare dapprima vedere le risaie di Tegalang, Tirta Empul e Gunung Kawi poi proseguire per i successivi 40 km.

Raggiungiamo le risaie ignari della loro immensa bellezza: il verde che abbaglia, il sali e scendi tra il riso e le signore che chiedevano una “donazione” ogni due metri come “aiuto  al mantenimento della struttura” (unica nota sconfortante di questo posto incantato).

Dopo aver passeggiato a lungo e vagato alla ricerca dell’uscita, ci dirigiamo verso il Gunung Kawi, il tempio più antico di Bali scavato nella roccia a cui seguirà il Tirta Empul. Quest’ultimo sarebbe molto suggestivo per via del rito di purificazione nelle sue acque “magiche” se non fosse che, all’ora di punta, la piscina da cui sgorga l’acqua è invasa da turisti in fila con il cellulare in mano per scattarsi una foto.

È mezzogiorno e dalla mappa scopriamo che per raggiungere il Nord dobbiamo ripassare da Ubud  invece di proseguire. Decidiamo così di pranzare velocemente (si fa per dire) a Uno Italiano, un ristorante di cucina italiana scelto per mangiare una pizza al volo e di ripartire subito dopo.

Percorriamo una ventina di km sul nostro scooter, tra risaie, villaggi e una vegetazione che mi resterà nel cuore per sempre. Inizia a farsi buio e a piovere e pertanto ci blocchiamo per paura di ritrovarci a compiere 60 km in condizioni poco sicure.

I ragazzi proseguono per l’aperitivo a base di Bintang, la birra indonesiana, e noi ragazze ci inseriamo per un massaggio agli oli essenziali presso il Bali Botanica Day&SPA. Dopo giorni di zaini pesanti ne avevamo davvero bisogno. Il posto è pulito, profumato e il personale davvero cortese. Lo consiglio vivamente!

Trascorriamo la serata con degli amici italiani in un locale su una delle vie principali che consiglio non per il servizio gestito da signore che non parlano inglese né per l’attesa, ma esclusivamente perché la cucina è autentica e cucinata al momento.

La giornata ideale: cucina e shopping

Per il nostro ultimo giorno sull’isola io e Isama decidiamo di lasciare i ragazzi per qualche ora e seguire un corso di cucina indonesiana. Scegliamo la Cooking Class proposta dall’hotel e non ce ne siamo affatto pentite. La mattinata si svolge dapprima al mercato di Ubud per la visita conoscitiva degli ingredienti e delle spezie soprattutto e poi nella loro scuola, la Ketuts Bali Cooking Class, dove marito e moglie e diversi aiutanti ci illustrano come preparare i più famosi piatti del posto, dal pollo al tonno ai noodles. Ognuno dei partecipanti ha la propria postazione di lavoro, seguito in ogni passo dal personale. Dopo aver sminuzzato verdure e spezie di ogni tipo, assaggiamo i nostri piatti, soddisfatte dell’ottimo risultato.

Prima di buttarci nello shopping sfrenato, accompagniamo i ragazzi a fare un massaggio. Questa volta scegliamo l’unico disponibile ad Ubud, il Putri Bali Day & SPA. Si tratta di una location più spartana del giorno precedente ma dove eseguono un massaggio tipicamente balinese, a tratti doloroso ma alla fine molto rigenerante.

A seguire.. shopping!

Ritroviamo i ragazzi per cena. Loro hanno prenotato al Balinese Home Cooking, un ristorante un po’ distante dal centro cittadino, silenzioso, dove preparano cucina fatta in casa e, se non ci sbagliamo, è proprio a casa dello chef. Una vera delizia i suoi Spring rolls!

Home again

Lasciamo Ubud alle 11 per raggiungere Denpasar dopo due ore di traffico circa. Per fortuna il volo Air Asia diretto a Jakarta porta solo mezz’ora di ritardo e possiamo senza difficoltà alcuna prendere la coincidenza Turkish che ci porterà dapprima ad Istanbul e poi a casa.

E la prima volta in cui 18 giorni non sono bastati per avere voglia di ricominciare con il lavoro e la vita quotidiana e forse la prima volta in cui un posto non ci abbia stancato.

L’Indonesia non è più bella di altri posti dell’Asia ma è così varia che non ti annoia mai.

È stato un viaggio ricco, sempre diverso per gli scenari che ci ha regalato, divertente per il gruppo, faticoso per le lunghe percorrenze, unico!


Questo diario di viaggio è stato scritto da Valeria, nostra cliente abituale, che si affida a noi soprattutto per la scelta dei voli intercontinentali perchè amante dei viaggi fai da te. Ringraziamo lei e i suoi compagni di viaggio per questo divertente e affascinante racconto!